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PRK CUSTOMIZZATA

Dr. Gennaro Tramontano

PRK CUSTOMIZZATA

La PRK customizzata rappresenta l’ultima frontiera della chirurgia refrattiva. Fino ad oggi sono più di venti milioni i casi trattati nel mondo con il laser ad eccimeri  per correggere la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatimo con grande soddisfazione dei pazienti.

La sicurezza e la qualità dei risultati sono andati progressivamente migliorando grazie al perfezionarsi dei laser ma anche e soprattutto grazie all’utilizzo di attrezzature per la diagnosi sempre più sofisticate le quali hanno permesso di selezionare sempre di più i pazienti evitando così di sottoporre a trattamento coloro che erano poco idonei. Oggi le macchine si sono evolute ancora di più consentendo di trattare non solo miopia, ipermetropia ed astigmatismo ma anche le “aberrazioni”. Per spiegare semplicemente questo termine diremo che ogni  imperfezione che la luce incontra  nel suo percorso ottico, dalla cornea fino al piano della retina, produce una distorsione dei raggi luminosi o un’imperfetta focalizzazione dell’immagine sulla retina generando aberrazioni. Non è raro infatti incontrare pazienti che, pur avendo un’acutezza visiva ottimale (10/10), si lamentano per la loro qualità della visione. E spesso il problema dipende proprio dalla presenza di aberrazioni del sistema ottico oculare che impediscono che sulla retina si formi un’immagine di “qualità” eccellente.
Le aberrazioni totali dell’occhio ( ossia quelle generate dall’intero diottro oculare) non sono statiche, cioè sempre presenti e sempre eguali; si differenziano da persona a persona, variano a seconda del diametro pupillare e dell’attività visiva (cioè con l’accomodazione), con l’età ecc. Le aberrazioni corneali, invece,  ossia quelle indotte solo dalla parte anteriore dell’occhio, sono statiche e rappresentano più dell’80% delle totali e possono pertanto essere trattate. Per realizzare un trattamento del genere è necessario fare un’aberrometria ossia un esame capace di rilevare e misurare qualitativamente e quantitativamente tali imperfezioni sia in condizioni statiche che in midriasi. Una volta valutata l’entità delle aberrazioni, se sono di modesta entità non è utile trattarle mentre se sono elevate è importante farlo; esse vengono elaborate da un software dedicato capace poi di interfacciarsi con quello del laser al fine di eseguire un trattamento customizzato o su base aberrometrica;  tale trattamento così altamente personalizzato è capace di una migliore quantità e soprattutto qualità visiva, soprattutto in situazioni di bassa luminosità.

La visita pre-operatoria

E’ il momento più importante per l’intervento in cui attraverso accurati e non frettolosi esami è necessario uno studio non soltanto della refrazione del paziente e di tutta un’altra serie di elementi che potrebbero influire negativamente sul buon esito dell’intervento ma anche una valutazione quanto più esatta possibile delle aberrazioni presenti in quell’occhio tanto da decidere se eseguire una tecnica di fotoablazione standard o customizzata.

Proviamo ad enunciare tutti gli esami diagnostici necessari:

Autorefrattometria (eseguita dapprima con la pupilla reagente e poi in dilatazione ed eventualmente in cicloplegia)

Schiascopia

Cheratometria (per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo)

Esame dell’acutezza visiva: viene rilevato sia il visus naturale che quello corretto con la migliore correzione tollerata poiché è questo il valore che si mira a raggiungere con l’intervento.

Misurazione del diametro pupillare: è uno dei parametri più importanti da valutare in quanto una sua non corretta valutazione potrebbe influire molto negativamente sul risultato finale soprattutto nella visione notturna; è necessario pertanto rilevare questo parametro con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione da quella scotopica(notturna) a quella fotopica (diurna). Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può essere necessario escluderlo da un eventuale trattamento visto che tanto più è larga la pupilla tanto più tessuto il laser deve ablare e questo potrebbe significare un eccessivo assottigliamento della cornea.

Biomicroscopia con lampada a fessura: con questo esame è necessario escludere che il paziente soffra di qualche patologia oculare acuta o cronica che potrebbe rappresentare una  controindicazione assoluta all’intervento (cheratiti, distrofie corneali ed erosioni epiteliali, leucomi corneali, patologie del segmento anteriore, cataratta).

Tonometria: è importante  misurare la pressione endo-oculare con un “tonometro ad applanazione” oppure “a soffio” anzitutto per escludere una patologia glaucomatosa ma anche in previsione della terapia post-operatoria che  richiede l’uso protratto di colliri cortisonici  che potrebbero provocare un ipertono oculare. In caso di tono oculare al di sopra dei limiti della norma o si esclude il paziente oppure se possibile si esegue una lasik che prevede steroidi topici solo per qualche giorno.

Esame del fondo oculare: è importante escludere patologie della retina centrale e periferica nonché del nervo ottico; a tale scopo viene utilizzata la lente a tre specchi di Goldmann  posta a contatto della cornea previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico  per escludere lesioni regmatogene della retina periferica, più probabili nei miopi, che richiedono eventualmente un trattamento di fotocoagulazione laser

Pachimetria: attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan o Pentacam o Sirius) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento;  una cornea normale misura dai 500 ai 550 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò  merita sempre grande attenzione; inoltre con una pachimetria bassa ed in presenza di una consistente miopia e di un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario evitare il trattamento laser per non assottigliare troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatori.

Topografia corneale computerizzata: tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame  fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori. In sede preoperatoria è molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.

Tomografia corneale computerizzata: si può eseguire con l’Orbscan della Bausch e Lomb, con il Pentacam della Oculus oppure con il Sirius, l’ultimo nato della Cso, strumenti in grado di acquisire tramite una scansione laser  informazioni di oltre 9000 punti della  cornea in poco più di un secondo. È un esame di fondamentale importanza in quanto l’unico che consente di misurare la forma della superficie corneale sia anteriore che posteriore (altri sistemi misurano soltanto la superficie anteriore) e di conseguenza fornire un valore preciso dello spessore della cornea in ogni suo punto nonché calcolare la profondità della camera anteriore.

Aberrometria: è un esame capace di rilevare e misurare sia qualitativamente che quantitativamente,  in condizioni sia statiche che in midriasi, ogni  imperfezione che la luce incontra  nel suo percorso ottico, dalla cornea fino al piano della retina, producendo una distorsione dei raggi luminosi  e quindi  un’imperfetta focalizzazione dell’immagine sulla retina.

Test di Schirmer: è un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto. È indispensabile  per evitare di sottoporre al trattamento di PRK pazienti con scarsa secrezione lacrimale che potrebbero presentare problemi di cicatrizzazione.operatorio .

Come si svolge l’intervento

Le fasi dell’intervento sono le seguenti:

  • Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser
  • Il paziente si sdraia su un lettino mobile al di sotto dell’apparecchio laser
  • Viene applicato un piccolo divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.
  • Dopo applicazione tramite un piccolo imbuto di una soluzione alcoolica al 20% sulla cornea per 20 secondi viene asportato meccanicamente l’epitelio corneale
  • Inizia il trattamento laser customizzato vero e proprio in cui le aberrazioni rilevate dall’aberrometro vengono trasmesse  al software del laser che in questo modo può guidare il fascio di radiazioni emesse in maniera più intelligente, ablando maggiormente alcuni punti della cornea e meno degli altri al fine di rendere quanto più perfetta ed ideale possibile la superficie corneale; il tutto dura  dai 30 ai 60 secondi a seconda dell’entità del difetto e delle aberrazioni da trattare durante i quali il paziente viene invitato a fissare una luce di fissazione lampeggiante proveniente dalla testa del laser.
  • Medicazione con colliri, applicazione di una lente a contatto per evitare al paziente dolore o fastidio nei 3-5 giorni successivi al trattamento necessari alla riepitelizzazione della cornea.

L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto solo pochi minuti per occhio; è indolore; talvolta è possibile avvertire un leggero fastidio dovuto al divaricatore palpebrale ed un odore di “pollo arrosto” dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea

Terapia post-operatoria

Nella prima fase lo scopo della terapia è quello di favorire il processo di riepitelizzazione:

  • Applicazione di una lente a contatto terapeutica monouso per 5-6 giorni.
  • Somministrazione di colliri antibiotici, antinfiammatori non steroidei (FANS) e Acido Ialuronico nonché antinfiammatori ed analgesici per via orale solo nei rari casi di dolore o fastidio post-operatorio.

Nella seconda fase, dopo l’asportazione della lente corneale terapeutica, la terapia viene modificata per tenere sotto controllo i processi di cicatrizzazione e moderare la risposta infiammatoria:

  • Sostituzione dei FANS con collirio cortisonico
  • Riduzione e sospensione del collirio antibiotico
  • Sospensione della eventuale terapia orale

Decorso post-operatorio

Nelle prime 12-24 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire un fastidio oculare di intensità variabile (che non andrà interpretato come una complicanza ma come una normale reazione a questo tipo di trattamento), gonfiore palpebrale causato dall’applicazione del blefarostato, abbagliamento, fotofobia, intolleranza alla lente a contatto terapeutica, tutti sintomi influenzabili in senso positivo da un eventuale trattamento farmacologico antinfiammatorio e antidolorifico sia topico che per via generale..

La visione subito dopo il trattamento risulterà “quantitativamente” sufficiente a svolgere una normale vita di relazione e lavorativa ma risulterà “qualitativamente” non eccellente  per 1-2 settimane fino a migliorare definitivamente nell’arco di 2-3 mesi.

Nei primi giorni è consigliabile:

  • non frequentare ambienti eccessivamente polverosi ,fumosi e secchi
  • non sfregarsi gli occhi
  • non truccarsi
  • non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
  • evitare lampade abbronzanti

Si suggerisce per 3-4 settimane:

  • di evitare i bagni in piscina o al mare
  • di evitare il contatto con sostanze irritanti
  • di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
  • di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative

Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento e soprattutto  l’eventuale aumento della pressione endooculare secondaria al trattamento con colliri cortisonici. La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.