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MACULOPATIA: le cure più recenti

Dr. Gennaro Tramontano

MACULOPATIA: le cure più recenti

Le terapie del Nostro Centro per la MACULOPATIA sono le seguenti:

  • INIEZIONI INTRAVITREALI

Nelle maculopatie umide ossia essudative, oltre ai comuni farmaci anti VEGF iniettati per via intravitreale, siamo stati tra i primi ad utilizzare un nuovo anticorpo monoclonale il quale è capace di riconoscere e legarsi non solo al fattore di crescita endoteliale vascolare A VEGF-A (come gli altri somministrati finora) ma riconoscere e legarsi alla angiopoietina-2; queste due proteine stimolano entrambe la crescita anomala dei vasi sanguigni che determinano perdite di fluidi e di sangue che danneggiando la macula. Legandosi al VEGF-A e all’Ang-2, quindi ad entrambe le proteine responsabili della patologia maculare, tale farmaco blocca l’azione non soltanto del fattore VEGF-A ma anche dell’angiopoietina-2, riducendo così la crescita dei vasi sanguigni e controllando la fuoriuscita di fluidi, il gonfiore e l’infiammazione laddove i precedenti farmaci anti-VEGF non erano riusciti nell’intento; inoltre viene somministrato con minor frequenza rispetto ai precedenti.

  • TRATTAMENTO CON LASER GIALLO SOTTOSOGLIA O MICROPULSATO IRIDEX IQ 577:

Già da diversi anni utilizziamo i laser sottosoglia o con tecnologia micropulsata che rappresentano  l’ultima frontiera delle terapie laser retiniche. Li utilizziamo sia nelle maculopatie umide che in quelle secche con la certezza che tale laser emette energia tale da non provocare nessun danno del tessuto retinico.

Le forme umide che ne beneficiano sono:

maculopatie umide con spessore foveale non superiore ai 400 micron;

edema maculare diabetico;

corioretinite sierosa centrale;

edema maculare post trombosi retinica;

retinite pigmentosa;

risensibilizzazione della degenerazione maculare neovascolare non più responsiva ai farmaci anti-VEGF.

Le forme secche che ne beneficiano sono:

le forme iniziali con sporadiche drusen;

le forme intermedie con pseudodrusen reticolari, ossia un accumulo di materiale tossico situato al di sotto della retina che porta alla morte delle cellule retiniche.

  • FOTOBIOMODULAZIONE:

La FOTOBIOMODULAZIONE MACULARE è una grande novità che da poco è a disposizione dei pazienti affetti da degenerazione maculare secca, pazienti che fino ad oggi avevano come unica possibilità terapeutica l’assunzione di integratori alimentari che purtroppo però si rivelano poco efficaci nel contrastare l’evoluzione della malattia.

La FOTOBIOMODULAZIONE MACULARE è una tecnica innovativa, in crescente espansione, che utilizza un basso livello di luce rossa per stimolare le cellule della retina diminuendone l’infiammazione e l’attività patologica della stessa.

Gli stadi  della malattia che rispondono meglio al trattamento sono quelli iniziali ed intermedi anche se uno stadio avanzato non controindica il trattamento ma avrà dei risultati meno efficaci.


La fotobiomodulazione agisce emettendo una luce LED che produce un effetto fotobiologico sulla cellula attivando la catena respiratoria. Più precisamente la luce rossa produce un effetto biochimico nelle cellule che rafforza i mitocondri. Tali organuli sono la centrale elettrica della cellula ossia lì dove si crea l’energia. La molecola che trasporta l’energia che si trova nelle cellule di tutti gli esseri viventi si chiama ATP (adenosina trifosfato). Aumentando la funzione dei mitocondri con la terapia a luce rossa una cellula può produrre più ATP e quindi più energia.

L’invecchiamento e lo stress ossidativo possono compromettere le funzioni mitocondriali determinando diversi disturbi a livello oculare. Le cellule della retina infatti sono tra quelle più dipendenti dall’energia nel corpo umano.


La fotobiomodulazione a lunghezza d’onda selezionate può stimolare direttamente la produzione di energia mitocondriale. L’attivazione del metabolismo cellulare attraverso la catena respiratoria si verifica in cellule che sono sensibili alla luce; la suscettibilità all’irradiazione e la capacità di attivazione dipende dallo stato fisiologico delle cellule irradiate; cellule con stato di ossidazione ridotto (come negli stati patologici) sono più sensibili all’irradiazione.


La disfunzione mitocondriale e lo stress ossidativo svolgono un ruolo chiave nella degenerazione maculare senile.


Le frequenze di lunghezze d’onda scelte per la terapia sono di 660 e 850 nanometri; queste frequenze della luce, riattivando la funzione dei mitocondri ed aumentando l’attività metabolica cellulare, inibiscono gli eventi infiammatori e la morte delle cellule.
La lunghezza d’onda di 590 nanometri invece inibisce naturalmente il fattore di crescita dell’endotelio vascolare  (VEGF), una proteina che stimola la formazione di vasi sanguigni e contribuisce allo sviluppo della temibile forma umida di maculopatia. Tale lunghezza d’onda aumenta anche la proteina ossido nitrico che riduce la lesione mediata nella cellula dallo stress ossidativo e aumenta l’erogazione locale di ossigeno.


Il trattamento di fotobiodomodulazione si esegue in ambulatorio oculistico utilizzando l’apparecchio Lumithera-Valeda (in foto).
Il paziente appoggia il mento ed avvicina la fronte sull’apposita mentoniera e fissa la luce di riferimento all’interno dell’apparecchio.
Il trattamento ha una durata di 4 minuti e 10 secondi.
Può essere trattato un solo occhio oppure entrambi consecutivamente. Dopo il trattamento il paziente può avvertire una sensazione di abbagliamento che dura dai 30 ai 90 minuti.


Il trattamento prevede 9 sedute nell’arco di 30-45 giorni che nel primo anno possono essere ripetute dopo sei mesi mentre negli anni seguenti basta una sola volta l’anno. Non vi sono restrizioni particolari alla normale attività del paziente prima e dopo l’intervento il trattamento. I risultati della fotobiomodulazione led sono apprezzabili dopo 1-3 mesi dal termine della cura.


L’ efficacia di tale trattamento è stato avvalorato dallo studio clinico LIGHTSITE del 2019 che, oltre all’efficacia, ha indagato anche sulla sicurezza del trattamento nei soggetti con degenerazione maculare secca legata all’età.
I soggetti trattati con tale tecnica hanno mostrato una miglioramento dell’acutezza visiva corretta media con un guadagno di 4 lettere dopo ogni serie di trattamento al settimo mese. Statisticamente significativi sono stati anche i miglioramenti della sensibilità al contrasto, il volume e lo spessore delle drusen centrali. Non sono stati segnalati eventi avversi relativi al dispositivo. Concludendo, il trattamento migliora statisticamente i risultati clinici e anatomici con benefici più evidenti che si osservano nei soggetti con fasi di degenerazione maculare iniziale o intermedia.


Possono essere necessari più cicli per mantenere i benefici ottenuti.


Anche lo studio clinico TORPA del 2017 ha valutato cambiamenti anatomici a livello della retina affetta da degenerazione maculare secca dopo il trattamento di fotobiomodulazione LED.
In tale studio la terapia ha determinato un miglioramento anatomico della retina e anche la qualità visiva è migliorata di oltre il 90% dei soggetti con il 59,5% che ha conseguito più di 5 lettere di miglioramento ed l’11,9% che ha conseguito più di 10 lettere. Sempre in tale studio miglioramenti nella visione dettagliata e della sensibilità al contrasto sono stati significativi e correlate ai miglioramenti della acutezza visiva.


Nessuna complicanza legata al trattamento è stata descritta negli studi clinici.
È comunque possibile che si possa verificare la comparsa di peggioramenti del visus dovuti alla patologia degenerativa o ad altre patologie oculari preesistenti indipendentemente dal trattamento di fotobiomodulazione led.

  • RIABILITAZIONE VISIVA:

è una tecnica che utilizziamo nel Nostro Centro da tanti anni con ottimi risultati.

Si tratta di un metodo che insegna al paziente ad utilizzare l’ area maculare meno danneggiata, il cosiddetto PRL (Preferred Retinal Locus) che è possibile individuare con un esame di “microperimetria (Fundus-Related Perimetry)” il quale ci permette di valutare l’esatta correlazione tra danno anatomico e limitazione funzionale nelle varie patologie retiniche, in particolare nelle degenerazioni maculari sia secche che umide e nelle malattie dell’interfaccia vitreo-retinica come l’edema maculare cistoide, il pucker e i fori maculari.

Ritornando alla riabilitazione visiva, tramite il biofeedback del riflesso retinico,  si  insegna  al paziente a riconoscere e sfruttare al massimo questo punto guidandolo con uno stimolo sonoro e visivo.

Lo schema di training prevede solitamente da 7 a 10 sedute con cadenza settimanale , ciascuna di 15 minuti per occhio, quindi una pausa di un mese e poi altre cinque sedute.

Il paziente vede solitamente aumentare non solo l’acuità visiva (quindi la capacità di lettura) ma anche comfort, sicurezza e velocità delle attività quotidiane; migliorano notevolmente anche le sensazioni soggettive di luminosità e contrasto e la sensazione di “controllo” sullo spazio visivo; in tal modo il soggetto si muove meglio nell’ambiente, sentendosi più a Suo agio.

Illustrate le tante possibilità terapeutiche della maculopatia sia secca che umida praticate nel Nostro Centro diamo ora delle informazioni generali su tale patologia.

La  degenerazione maculare  senile è una malattia della retina che si manifesta dopo  i 60 anni, con maggiore frequenza nelle donne, ed è la principale causa di cecità nei paesi occidentali.

Ne esiste una forma secca” (dovuta all’accumulo di sostanze dannose nei tessuti retinici) che induce una visione distorta ed offuscata al centro delle immagini senza arrivare alla cecità ed una formaumida” che provoca la formazione di nuovi vasi sanguigni con possibilità di emorragie ed edema maculare e può portare alla cecità.

Fino ad oggi gli unici rimedi per contrastare i danni procurati sulla retina dai vasi sanguigni neoformati erano l’intervento chirurgico, un trattamento laser o negli ultimi anni la terapia fotodinamica; tali metodi comunque, pur essendo capaci di rallentare l’evoluzione della malattia, non erano in grado di riparare i danni già presenti e quindi di consentire un miglioramento visivo. Da diversi anni invece è disponibile una nuova metodica che prevede una iniezione endoculare di una sostanza capace di chiudere i vasi sanguigni neoformati e di impedirne la formazione di altri; l’intervento si esegue ambulatorialmente dopo aver instillato nell’occhio un collirio anestetico ed è del tutto indolore;  attualmente sono disponibili diverse molecole anti-VEGF e da qualche mese, come spiegato in precedenza, è disponibile un nuovo anticorpo monoclonale il quale è capace di riconoscere e legarsi non solo al fattore di crescita endoteliale vascolare A VEGF-A (come gli altri farmaci somministrati finora) ma riconoscere e legarsi alla angiopoietina-2; queste due proteine stimolano entrambe la crescita anomala dei vasi sanguigni che determinano perdite di fluidi e di sangue e che danneggiando la macula. Legandosi al VEGF-A e all’Ang-2, quindi ad entrambe le proteine  responsabili della patologia maculare, questo nuovo farmaco blocca  l’azione  non  soltanto  del  fattore  VEGF-A  ma  anche dell’angiopoietina-2, riducendo così la crescita dei vasi sanguigni e controllando la fuoriuscita di fluidi, il gonfiore e l’infiammazione laddove i precedenti farmaci anti-VEGF non erano riusciti nell’intento; inoltre viene somministrato con minor frequenza rispetto agli altri.

Con un ago sottilissimo il chirurgo inietta nel bulbo oculare, e precisamente nella zona dietro al cristallino in cui si trova il corpo vitreo, il farmaco dopodicchè il paziente può tornare alla sua normale attività mettendo solo qualche goccia di collirio antibiotico nei 4-5 giorni seguenti per evitare infezioni.

Possono essere necessarie da una a tre iniezioni praticate a distanza di 2 mesi l’una dall’altra a seconda della soggettiva capacità di reazione di ogni singolo paziente. In un terzo dei casi si può avere un rialzo della pressione arteriosa dopo il trattamento per cui è buona norma controllarla nei giorni seguenti. La grande novità di questa terapia rispetto alle precedenti è data dal fatto che può non soltanto arrestare la degenerazione maculare ma soprattutto può far recuperare al paziente una certa quantità visiva andata progressivamente persa negli anni; un paziente che per esempio aveva un capacità visiva del 20% può, a fine terapia, raddoppiare la sua vista ed avere un visus del 40-50% ossia di 4-5/10. Questa metodica infine può risultare molto utile  nelle maculopatie che insorgono in soggetti molto miopi  e  nei casi di trombosi venose della retina.

PUCKER MACULARE

E’ determinato da una contrazione del gel vitreale che provoca un raggrinzimento della retina: il sintomo iniziale è la deformazione (ondulazione) delle immagini.

Test di Amsler normale
Test di Amsler nel pucker maculare

Il pucker maculare è una patologia progressiva che conduce alla perdita della capacità visiva e l’unica soluzione possibile fino a poco tempo fa era il trattamento chirurgico. Tale terapia chirurgica è detta “vitrectomia con peeling della membrana epiretinica”, si esegue in anestesia locale ed il paziente viene dimesso in giornata.

La retina, liberata dalle trazioni,  si ridistende come in origine con conseguente recupero anatomico e talvolta funzionale.

Da qualche anno, in casi selezionati, esiste la possibilità di evitare il traumatico intervento chirurgico grazie ad una semplice iniezione intravitreale  di  una  nuova sostanza.

La trazione vitreomaculare è provocata da adesione vitreomaculare (VMA), per cui il corpo vitreo rimane attaccato con forza anomala alla parte centrale della retina (la membrana più interna dell’occhio, sensibile alla luce). Con il passare degli anni le dimensioni del corpo vitreo si riducono e l’area interessata dall’attaccamento anomalo può esercitare una trazione sulla retina, che a sua volta provoca rigonfiamento della stessa retina e sintomi quali offuscamento o distorsione della vista.

Il nuovo farmaco è simile alla plasmina umana, un enzima naturalmente presente nell’occhio in grado di demolire le proteine responsabili dell’adesione presenti tra corpo vitreo e retina, riducendone in tal modo il rigonfiamento e migliorando la vista.

Esso è prodotto con un metodo noto come “tecnologia  del  DNA ricombinante“:  viene cioè ottenuta da cellule di lievito in cui è stato immesso un gene (DNA) che consente loro di produrre il farmaco in questione.

Nel corso degli studi tale sostanza ha dimostrato di risolvere efficacemente l’adesione tra corpo vitreo e retina, (riducendo la necessità di ricorrere alla chirurgia) nel 25-28% dei casi trattati.

Risulta utile anche nei casi di  FORO MACULARE di diametro inferiore o uguale a 400 micro.

Immagini OCT di Pucker maculare